SITO AGGIORNATO IN DATA 19 FEBBRAIO 2025
Il documento, certamente già noto ai cultori di storia locale, fotografa la nostra cittadina dal punto di vista sociale ed economico: una vera e propria radiografia della Mola appena uscita dal periodo feudale della famiglia Vaaz. Il prof. Vito Didonna ha curato la pubblicazione riportando integralmente il testo del manoscritto, apportando soltanto una trascrizione filologica. Per comodità di pubblicazione abbiamo diviso il documento in più parti. In questa prima parte coloro che stilano il rapporto, e che si firmano in calce, descrivono il nostro paese con dovizia di particolari in modo che il destinatario lettore, il Supremo Consiglio delle Finanze, possa facilmente avere chiara in mente l’immagine del nostro paese.
Enzo Linsalata, anni 93, radiotecnico, restauratore ma soprattutto appassionato della storia di Mola di Bari, collezionista di oggetti e di rari documenti importanti nella vita di un paese sul mare Adriatico, con un territorio che lambisce il primo gradone murgiano.
E’stato amministratore del Comune con incarichi assessorili alla Cultura, nel 1988 nella giunta del sindaco Capotorto e nel 1993 con il sindaco Maggi. Animatore di gruppi giovanili di ricerca archeologica sul territorio, ha contribuito in maniera notevole a risolvere la questione Castello con l’abbattimento del cinema, all’acquisizione al patrimonio comunale del Palazzo Roberti e al rinvenimento delle tombe sediarie nella Cappella dell’Assunta.
Nel corso dei suoi molteplici impegni di vita, fin dal 1950 mette insieme migliaia di oggetti che ricordano la vita di Mola dal paleolitico fino ai nostri giorni, installati per la gran parte nel giardino e nella sua abitazione.
Invitato tempo fa con Giangrazio Di Rutigliano a visionare questi frammenti di storia del territorio, ho iniziato il percorso proprio dal giardino.
Collocato nel luogo attraversato dalla “mena” di Sant’Antonio che sfocia nel mare di Portecchia, il giardino si estende per 1500 metri quadrati ed è circondato da palazzi condominiali costruiti nel 1960 circa, nel quartiere a ridosso del “Calvario”. Ha una forma quadrangolare su diversi piani, con cavità carsiche e tettoie in legno in cui sono esposti i pezzi collezionati.
Scendendo giù per il viale, a destra subito è visibile un’imponente àncora con relativa catena e in prossimità due gattoni in pietra recuperati nell’abbattimento di Palazzo Vitulli, nella Città Vecchia. Poi una vetrina che conserva gli stampi e i sigilli delle suore del Convento delle Clarisse, materiale elettrico in ceramica, oggetti domestici della famiglia di Piero Delfino Pesce e una trozzula per la processione del Venerdì Santo.
Dopo la vetrina si accede a un locale in cui sono esposti i plastici del Castello e di Palazzo Roberti con numerosi fascicoli documentari e un biliardo all’italiana, mentre il gabinetto dentistico del dott. Barbanente con l’arredo, le carte didascaliche, le attrezzature e medicinali, occupa la stanzetta successiva.
Alla fine del viale si apre un ampio spazio dedicato ad utensili agricoli e tra questi sono evidenti una pompa irroratrice Vermorel a compressione d’aria, un Rotver per trattamenti di zolfo polverizzato, una pompa a mano per il verderame e poi una grande ruota dentata in legno utilizzata nei pozzi d’acqua sorgiva sulla costa. Ancora in questa zona è presente un vecchio carro in legno vistosamente dipinto, con ruote e aratri in ferro e in legno.
Il percorso del giardino adesso si inerpica attraversando le aree di attività lavorative oggi scomparse: lo stagnino con gli attrezzi e il banco da lavoro, il calzolaio con le forme metalliche di misura del piede, il fabbro Angeluccio che ferra i cavalli e ripara le ruote dei carri, in una teca il quaderno di note dei lavori fatti. Nel laboratorio del fabbro è conservato il vecchio orologio di piazza della Chiesa della Maddalena, prodotto nei primi anni del 1900 dalla ditta Giovanni Frassoni di Rovato.
Di seguito è stato riscostruito il laboratorio del falegname con la mola e una tosatrice di cavalli. Poi il “tiellaro”, artigiano ambulante che stagna gli utensili di terracotta, l’armentaro che prepara guarnizioni per muli e cavalli.
Nell’angolo dedicato alla cantina invece ti accoglie una vinaia in cartapesta tra botti di vino e una bilancia, una bottiglia di gazzosa “Rotondi”, una tappatrice e una calcolatrice importata da un emigrato di Brooklyn. A fianco la ricostruzione di un’aula delle scuole popolari con lavagne didattiche dell’insegnamento oggettivo. A chiudere il percorso dei mestieri la casa contadina con i vari utensili: la pompa del disinfettante, il clistere, un pestatoio di pietra per carrube, la pesa, il tostacaffè e il ferro per stirare. Al centro della stanza un sistema di illuminazione chiamato “saliscendi”, uno specchio con strato di mercurio e l’angolo dei santini di famiglia. Tutti gli oggetti sono accompagnati da scritte in dialetto molese perché secondo Enzo solo il dialetto può offrire la possibilità di conoscere a fondo la vita del territorio.
Al di là della stanza del contadino si apre la porticina della stalla dove si trova un carro con un cavallo in cartapesta pronto per partire al pellegrinaggio del monte di San Michele del Gargano. Un rito molto sentito dai contadini di Mola che al ritorno sfilavano per il paese addobbati di penne multicolori. Sotto il carro sono posizionati i “tristedd”, arnesi in ferri su cui si poggiava il tavolato con materassi imbottiti di foglie di granturco.
Al termine di questo percorso si scende al fondo del giardino dove si apre l’imboccatura di una grotta carsica molto ampia e profonda: nel passato Enzo ambientava in questo luogo suggestivo un presepe con gli utensili dei contadini e una carrozzella in legno di Piero Delfino Pesce, noto uomo politico e intellettuale dei primi anni del Novecento.
All’uscita si intravede il canalone e sul greto è ricostruita una piccola fontana che ha una parete molto simbolica: vi è un rivestimento con pietre di terra, la scorza, e ciottoli di mare a rappresentare la terra e il mare, le risorse tipiche dei Molesi. Nello stesso spazio mattoni in graniglia di cementite multicolori.
Di seguito si possono vedere, sul muro di confine, decori di piastrelle di maiolica napoletana, recuperate dalla ristrutturazione della chiesa di Santa Chiara e una colonna ritrovata nella zona di Azezio, verso Rutigliano. Poi ancora frammenti di mosaici pavimentali provenienti dalla contrada Padovano, dalla Città Vecchia e dal Castello. Continuando, sullo stesso manufatto si scopre un bassorilievo in ceramica di Giorgio Orefice che rappresenta Santa Chiara e un bassorilievo di Sant’Anna trovato nelle campagne molesi. Poi ancora reperti decorativi dei palazzi Netti e Vitulli.
All’uscita del viale è collocata un’anfora romana in terracotta, pescata nei fondali marini di Mola.
La visita adesso continua nell’abitazione di Enzo e, salendo le scale, si ammira una vecchia radio a valvole e poi, con sorpresa, entrati nel salone il padrone di casa carica a mano un grammofono Victoria posizionando la testina su un vecchio 78 giri in vinile. Tra le note della musica graffiata il salone si fa ammirare per un enorme camino a legna dalla forma inusuale bombata e per i numerosi pezzi d’antiquariato disposti sui comò come un orologio, un presepe napoletano di fine ‘700, una campana di vetro con la Madonna Addolorata, patrona di Mola. Su una parete domina una tela settecentesca che raffigura un nobile rappresentante della famiglia Noya, forse il barone Edgardo, mentre sul tv Vittorio Sgarbi, in un vecchio nastro, parla della necessità dell’abbattimento del cinema Castello.
Girando lo sguardo mi soffermo su un quadro ovale contenente carte napoletane del 1600, ritrovate nella Chiesa di San Giacomo nel corso dei lavori di restauro. Le carte da gioco, racconta Enzo Linsalata, erano nascoste dietro il quadro raffigurante S. Anna, oggi conservato nella Matrice nella Cappella di San Rocco.
Sul tavolo da studio si notano copie di antichi documenti e una lente d’ingrandimento per mettere a fuoco i dettagli del fossato della Città Vecchia costruito dai Veneziani.
Nello scaffale la foto della moglie Stefanina Ruggiero e su un ripiano una preziosa bottiglia di vetro del ‘700 con l’incisione dello stemma della famiglia Vitulli, dono dell’ultima erede della nobile famiglia.
E infine, sicuramente il pezzo più coinvolgente della visita, un Crocifisso ligneo del 1200 ritrovato nell’ipogeo della vecchia chiesa rurale di San Giovanni, alla periferia sud di Mola.
Chiude questo fascinoso viaggio nel tempo una vecchia mappa del piano regolatore ed ampliamento di Mola. Una carta ancora leggibile che fotografa la città nella seconda metà dell’800 con il dettaglio delle indicazioni del futuro sviluppo del paese verso sud, impedito poi dalla costruzione del depuratore fognario. Particolare di questa cartina è l’indicazione nel tessuto urbano di molti luoghi sacri come le cappelle, oggi scomparse, e dei canali di deflusso delle acque meteoriche.
E alla fine questo lungo percorso nella storia di Mola, tra sorpresa e ammirazione, si presenta a noi un interrogativo…sarà possibile preservare queste preziose e uniche testimonianze facendole diventare un bene collettivo istituzionale?
Elaborazione di Vito Didonna.
Visita effettuata da Giangrazio Di Rutigliano e Vito Didonna in data 6/7/24.
Fotografie e video di Vito Didonna.